flamingo loophole
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Flamingo Loophole è nato come parte del progetto Mediterranean Hope: Balkan Rope. Il suo scopo è quello di essere un punto di incontro per la coesione sociale, con l'obiettivo di implementare l'arrampicata terapeutica. Flamingo Loophole è anche un'operazione artistica, "un modo di creare arte partendo dall'azione civica sul campo, plasmata dallo scambio con la realtà incontrata". Una pratica artistica che innestata in altre pratiche sociali e umanitarie, ha nei suoi fini quello di costruire una necessità in dialogo con i bisogni espressi da una collettività. Un processo di traduzione: una sintesi immaginativa che passa attraverso l'architettura della città e i corpi di chi la abita. Il processo che ha portato alla costruzione della palestra è stato l'immaginazione proiettata in uno spazio vuoto e abbandonato in cui sarebbero confluite anche le storie della città di Bihać (BIH), per creare una scultura fatta di metallo, legno e corpi umani; una tela su cui una sequenza di motivi crea un dipinto in movimento sulle pareti. Uno spazio condiviso in cui si intrecciano significati, storia, memoria, contraddizioni e conflitti. *** Funded and implemented by Mediterranean hope in partnership with Kes.spectrum > Sponsored by Wild Country & Edelrid > With the support of the Kulturni Centar of the City of Bihać
Hic sunt dracones
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Progetto reso possibile grazie al sostegno della DGCC nell'ambito del programma del Italian Council, 4a edizione, 2018. Hic sunt dracones è un'installazione interattiva immersiva in realtà virtuale. Hsd è il prodotto di un lungo e complesso progetto di ricerca portato avanti per diversi anni a cura di Chiara Pirozzi e sviluppato con la casa di produzione Recipient.cc. Hsd nasce da un'impresa esplorativa compiuta dall'artista e dal suo team: una scalata laterale lungo la scogliera settentrionale di di un'Isola su una costa rocciosa che appartiene geologicamente alla placca tettonica africana ma politicamente all'Europa. Il nome dell’Isola è stato escluso da tutti i riferimenti nell’opera e da tutti i testi del libro d’artista, si tratta dell’unica informazione che, in un’opera che si genera a partire dalla progressione di dati, è stata eliminata per la necessità dell’artista di condurre le sue riflessioni, la sua poetica e il suo gesto politico lungo geolocalizzazioni multiple. L'azione esplorativa è stata mappata con l'aiuto di tecnologie digitali avanzate. Queste l'hanno trasformata in un percorso individuale e unico in cui le moderne tecnologie di Realtà Virtuale si fondono con intuizioni generate da temi come la manipolazione dell'informazione e l'"errore" come divario tra la realtà fisica e quella alterata. Il risultato è uno scollamento tra il tempo presente e quello dell'esperienza, così come una distorsione sensoriale in ambienti ibridi e sovrastimolati. La natura fortemente dematerializzata di questa installazione cerca di ridefinire lo spazio della visione, i modelli d'uso e le esperienze narrative attraverso l'interazione con l'individuo, unico strumento in grado di attivare l'opera. L'opera si trasforma in uno spazio in cui ricercare questioni urgenti come la spettacolarizzazione del concetto di frontiera e l'impatto delle tecnologie digitali alla base dei big data sulla dimensione biopolitica della società contemporanea. Il libro d'artista è parte integrante dell'opera la quale, grazie a una lettura ipertestuale e stratificata, si espande al bacino di ricerca elaborato dall'artista.
Il vestito che gioca il reale
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Parte di un progetto durato oltre un anno, curato da Gabi Scardi l’opera è scaturita dalla richiesta di condurre un laboratorio incentrato sul concetto di “abito”. Il workshop ha visto una partecipazione variegata di diversi giovani, proponendo di concepire attraverso un progetto condiviso una collezione di capi di vestiario a partire dalle riflessioni della bionica: ispirandosi all’equilibrio tra forma materiale e funzione, e ai processi di sviluppo che, in natura, sottendono ogni unità di vita. Il lavoro è partito dall'invito a osservare patterns, forme, strutture e strategie, a emularle, addizionandole di una componente personale. Il risultato consiste in una serie di costumi organici fluttuanti; degli esseri ibridi e indossabili che stanno tra la scienza e la fantascienza, il fiabesco e il primordiale, e in cui l'umano, l'animale e il vegetale si fondono. In questo modo il progetto si carica di poesia ma innesca anche una serie di considerazioni sulla crisi della relazione tradizionale tra l'umanità e il suo ambiente e sulla evidente necessità di guardare all'efficienza della natura nella sua relazione con le proprie stesse risorse come ha un esempio fondamentale. Il risultato del laboratorio è stata la produzione, grazie all’affiancamento di Clara Rota (bassasARToria), di una collezione di capi unici e di una performance collettiva, documentata tramite un selfie video streaming dai performer.
Apocalisse 21.1
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Il punto di osservazione per questa installazione ambientale era posizionato in un'area elevata dello spazio espositivo, accessibile agli spettatori tramite una scala dedicata. Questa installazione presentava uno strato fluttuante di carta metallica dorata, sospeso a mezz'aria, estendendo senza soluzione di continuità il piano fino alla linea dell'orizzonte definita dalla parete di fondo. Al centro di questo orizzonte, un cerchio dipinto con vernice fosforescente diventava visibile solo in assenza di luce ambientale. Era pertanto visibile solo al crepuscolo, quando il cerchio fosforescente emergeva per pochi istanti fugaci. Il giorno dell'inaugurazione, precisamente alle 19:33, f' ha condiviso un'immagine digitale di questo evento effimero con alcuni contatti personali attraverso i canali social. Questo atto di condivisione è definito "Atto Relazionale" ed è riproducibile da ciascun proprietario dell'opera. Esistono numerose immagini derivate sia online che su carta, tuttavia l'unica immagine considerata autentica è quella rilasciata dall'artista in quella data specifica. L'autenticità dell'opera è verificata dall'archivio di f' attraverso un processo duale: 1.Esame delle caratteristiche visive dell'immagine. 2.Verifica della "relazione causale" all'interno della "catena sociale" che rintraccia l'immagine fino al proprietario originale, assicurando un collegamento diretto con f'.
Mixtopedia
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Mixtum formae l'eccezionalità del banale quotidiano. la wunderkammern di se stessi. la vita è un flusso che tocca un volume di realtà limitato nello spazio e moltiplicato nel tempo. le realtà si stratificano dentro quel tempo e divengono coesistenti. si assopisco e riemergono a lunghe distanze spazio-temporali. al passaggio il corpo attrae gli elementi incontrati. li ingloba nel suo processo creativo. ma non sono elementi passivi, poiché la loro con-scienza modifica attivamente il progetto in sviluppo. “le vetrine hanno una grande capacità teorica e visiva di interrogarti, sono corpi animali, astrali, vegetali di un mondo ricco, dove la teoria dell'abbondanza di feyerabend e la piega di deleuze riportano al barocco.” [pasquale campanella]
figura maschile con i polsi legati al servizio degli amanti
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Una performance ambientale adattiva: tre personaggi e altre sculture impersonano silenziosamente l'atto teatrale raffigurato su un quadro ormai scomparso che adornava le stanze di quel palazzo. Si tratta di un lavoro pittorico con risultati ambientali, composto da opere indipendenti che, per l'occasione, si adattano a una nuova narrazione spaziale inseparabile dal luogo. In altre parole, è la messa in scena di un atto teatrale in cui i personaggi sono "scultorei". Lo spettatore è potenziato dalla loro presenza, dal vuoto della loro relazione spaziale e dalla proiezione immaginativa della storia trasmessa dalla scena. Il quadro esplode diventando presenza e piano della scena in cui lo spettatore si trova, invadendola ma senza poter interagire. E infine è un elogio arcadico che fossilizza la storia della follia d'amore con la sua laicità. Il mondo ipnagogico in cui si svolge è lo specchio in cui si riflettono i meccanismi dell'esistenza: "quello che succede nel palazzo corrisponde a quello che succede nel mondo reale. Le immagini e le voci create puramente dalla magia non sono altro che la proiezione di desideri reali.
a lingua trova a gente
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Quest'opera è il prodotto di un vagabondaggio nel paesaggio italiano. f’ partito da casa (Nord Italia) con l’obiettivo di trovare una caverna sulla costa pugliese dove poter trascorrere la notte ed esplorare il rapporto fra dimora e comunicazione, indaga la condizione dell'abitare provvisorio come questione semiotica: lo spazio architettonico (significante) é il contenitore del corpo umano (significato). La morfologia della caverna è quindi vista come spazio che ha creato il 'logos' e l'atto di penetrarla è un ritorno alla creazione del linguaggio. Ma è anche un atto simbolico: da un lato il ritorno ai primi insediamenti umani della regione, dall'altro un abitare radicale e contemporaneo in unità che offrono riparo e un'alcova. Il loculo temporaneo di f’ ricreato e trasportato nello spazio della galleria, rappresenta anche il volto liminale del corpo politico europeo; la resilienza in condizioni estreme si fa atto localizzato di resistenza.
Vasto Mondo
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Vasto Mondo, lavoro specificatamente pensato per ‘La fine del mondo’ (Centro Luigi Pecci - Prato), è un congegno ibrido che funziona al contempo come strumento ottico e di riproduzione sonora, un ambiente “vivo” all’interno del quale lo spettatore si fa percipiente e percepito. Prendendo le mosse da studi sulle forme del precinema - la Lanterna magica, il Mondo nuovo, il Kaiserpanorama, la camera oscura rinascimentale - l’artista fonde i meccanismi di proiezione con la stessa struttura della camera, creando un dispositivo di rappresentazione multiplo, attivato dalla luce ambientale esterna. All’interno dell’architettura costruita in cartone alveolare Nidoboard®, originali diapositive su vetro monocromatiche e dipinte a mano con acquerelli, risalenti agli inzi del secolo scorso, vengono proiettate all’interno della struttura senza soluzione di continuità, creando uno scenario panoramico nel quale lo spettatore si trova immerso. La composizione audio, frutto di una collaborazione con la casa di produzione Recipient.cc, vede la rielaborazione del brano di Steve Reich Piano Phase (1967), una sperimentazione sulla tecnica del phasing, alternato a un testo dal sapore poetico composto da un florilegio di terminologie botaniche, recitato in quattro lingue diverse. Il titolo dell’opera prende infatti spunto da un momento storico barocco in cui emerge un concetto di giardino nuovo, l'idea del ‘vasto mondo’. Un tipo di giardino in cui il mondo intero è racchiuso in un piccolo recinto: specie e varietà da tutto il mondo e di tutte le dimensioni, forme e colori crescono mescolate insieme in modo quasi per nulla disciplinato. Una consapevole immagine che migra da popolo a popolo. Il disorientamento percettivo originato dalla tipologia di suono è amplificato dalla sua diffusione circolare all’interno dello spazio e per mezzo della stessa struttura architettonica, che si trasforma in una fonte sonora vibrante. Prende vita così uno spazio esperienziale fuori dal tempo, dominato da una narrativa onirica, scevra da strutture organizzate e razionali, una mise-en-scène di un mondo ideale e preternaturale dove il fruitore è chiamato a perdersi.
Sagas
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Un commento onirico sull'aspetto seducente e drammatico delle forze crude della natura; uno scontro tra la percezione di queste forze nella vita quotidiana e la loro rappresentazione nell'immaginario romantico collettivo. La colonna sonora è stata eseguita dal vivo dal musicista Nick McMullan, la cui ricerca combina l'elemento tecnologico attuale con sonorità primordiali, che si configura come una sorta di viaggio viscerale-arcaico-punk. La narrazione romantica è però interrotta da glitches digitali presenti nel file sorgente che generano effetti visivi differenti, scaturiti dalla lettura del file e dipendenti dal device atto alla riproduzione il video. Progetto realizzato con il sostegno di "nctm e l'arte: Artists-in-residence”.
guha
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Guha è la caverna interna al confine più esterno del mondo, un monumento ambientale monumento ambientale nascosto nelle viscere della terra, costruito durante il soggiorno dell'artista in Islanda orientale. Guha è anche lo studio dell'artista, inteso non solo come luogo fisico di produzione ma come condizione per un percorso interiore che comprende la meditazione, l'approfondimento e riscoperta della memoria individuale e collettiva, alla ricerca di un vuoto che lascia un passaggio all'immaginario decolonizzato. All'interno del feticcio diaristico di questo 'viaggio' composto da disegni, manufatti, fotografie di oggetti raccolti e un dispositivo ottico di antica tecnologia, l'artista artista ha nascosto un codice capace di condurre chi lo decifra all'esatta ubicazione della caverna, così che un legame unico e speciale si stabilisce tra l'opera e il suo opera e il suo fruitore. Ognuno di questi elementi dai confini instabili fa parte di quel processo di iperestensione" che, nel suo svolgersi, compone l'opera come incompiuta, una costellazione di elementi personali, legati dall'unico percorso possibile. Progetto realizzato con il sostegno di "nctm e l'arte: Artisti in residenza".
Gli esseri termici
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Gli esseri termici prende le mosse da un’attività apparentemente inutile, ostinatamente condotta nei tempi morti, improduttivi dall’artista nel suo studio: il rilevamento sistematico delle traiettorie del volo di alcuni moscerini influenzate dalla temperatura dell’ambiente circostante. Garbugli grafici su fogli più o meno casuali sono rigorosamente inventariati con data, ora e condizioni ambientali. Da qui si sviluppa una ricerca tra rigore scientifico e divertissement, tra otium e negotium in una stratificazione di riferimenti scientifici, letterari, filosofici, storici. Il titolo del lavoro, Gli esseri termici, ha origine da uno spunto dello scrittore Jorge Luis Borges. Nello spazio adiacente, una sala immersa nel buio accoglie lo spettatore: qui al centro un reticolo luminoso olografico fluttuante a mezz’aria, riproduce le traiettorie dei moscerini. Oltre ad essa, una presenza in penombra entra in scena: si tratta di una piccola scultura, lo Stregone Danzante, che richiama la figura teriomorfa tipica delle pitture parietali preistoriche. La dimensione fluida, vitalistica tra uomo e natura che caratterizza questo tipo primordiale di espressione artistico-rituale umana esorcizza il complesso rapporto con un mondo lontanissimo dall’antropizzazione odierna. Tuttavia, nel momento apicale in cui ci avviciniamo fisicamente al suo centro ideale, l’ipnotica olografia e il chiaroscuro dello stregone svaniscono. L’accensione delle luci in sala rivela la mise en scéne sospendendo la possibilità di cogliere un senso oltre l’apparente, drammatica opacità dell’insignificanza degli Esseri Termici.
badarchin
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Un rifugio mobile per una persona, un bozzolo fatto di feltro. Questa scultura è una dimora potenziale e precaria. È una piccola capsula con riferimenti all'architettura e alla biologia (la più piccola unità di esistenza, la cellula). Questo progetto è assolutamente low-tech. In una performance nascosta al pubblico, f' ha imparato dagli yak e dai cavalli e dai loro modi di attraversare i fiumi e si è messo in cammino per raggiungere il luogo prescelto dove posizionare e allestire il suo rifugio, sdraiarsi e riposare al suo interno. Ritirandosi nel feltro, f' aderisce anche al pensiero anti-antropocentrico e all'ipotesi della biofilia, un processo di modernismo al contrario. Un esercizio di solitudine. f' ha lasciato la sua dimora minima in quel luogo, per chi la troverà o per chi ne andrà alla ricerca. Ciò che rimane dell’'opera, sono alcuni disegni e fotografie, ed un piccolo manufatto in feltro e osso al cui interno sono riportate le coordinate geografiche del monumento.
frommystudiotomystudio
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FMSTMS è un lavoro di “ingombro dello spazio”, costruito in stretta risonanza con l’architettura, e di riproposizione in una sede diversa di un elemento naturale vissuto da f’. FMSTMS si costruisce in seguito a un lungo processo corporale ed esperienziale che f’ compie a partire dall’individuazione di un masso erratico gigante, visibile in prospettiva lineare dalla finestra del suo studio. Attraverso un percorso a piedi, l’artista stringe una relazione fisica e mentale con la grande roccia in granito serpentino, trasportata lì dai ghiacciai in espansione durante le ereglaciali. Il processo di conoscenza del masso si compone attraverso un rapporto quotidiano, simbiotico e tattile, tra f’ e la roccia, al punto da identificarsi come studio o rifugio d’appartenenza. L’installazione, riattivata specificatamente per ogni spazio ed occasione espositiva, espone lo sviluppo di conoscenza del masso e di padronanza delle sue forme e volumi, misurazioni che f’ realizza con strumenti tecnici atavici, presi a prestito dalle scienze e dall’archeologia. L’espansione della mappatura “di-segnica” del masso “trovante” diviene uno strumento inclusivo per lo spazio espositivo, che accoglie e introduce alla pesantezza ingombrante del masso riproposto.
centocapre
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Centocapre è un progetto di arte partecipativa nato come forma di ricostruzione storica di un mito collettivo. Avviene a Latronico (PZ), un borgo secolare come tanti in queste parti d'Italia ricco di tradizioni, storie e personaggi. "Centocapre è un flusso, un momento della vita dell'artista e della comunità insieme al quale è nata l'opera"[P.R]. f' attiva un dialogo con la popolazione del piccolo paese lucano e raccoglie testimonianze sbiadite, storie collettive, racconti e ricordi frammentari, in parte legati a manifestazioni e ritualità antichi, di origine pagana dove la natura è centro e origine rivoluzionaria di ogni identità. Il ritrovamento di alcuni reperti fa da ulteriore appiglio per una storia che coniugando invenzione e interpretazione rigenera elementi etno-antropologici appartenuti alla comunità in questione. Il progetto dura un anno e comprende laboratori partecipati da bambini e adulti contando anche sulla collaborazione di diversi artisti e musicisti, e si conclude in una parata che coinvolse tutto il paese. Il risultato finale è la storia di un mito senza tempo, cioè "migrante" e "modulare". Il climax dell'evento è stata la visione del simbolo araldico color turchese di Centocapre che apparve e apparirà per anni ogni notte di luna nuova sulle mura del paese. Questo è il momento corale e simbolico dell'avvento di Centocapre. Centocapre si è tradotto infine in un mediometraggio per essere proiettato nel cinema del paese e da essere installato in sede espositiva come un video multichannel.
poeme l_arbre
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Poeme L'Arbre è un progetto artistico aperto che consiste in una serie di risultati autonomi prodotti collettivamente. Un albero caduto nella foresta diventa il fulcro di un processo, ancora in corso, che racconta il bisogno dell'artista di trasformarlo in una presenza e in un luogo a cui tornare. Si tratta di essere semplicemente presenti ad un luogo, una possibile dimensione politica con al centro la natura. Qui, il fare arte ha a che fare con un atto di designazione di uno spazio, uno slancio di iniziazione che consiste nel porre le condizioni per la comparsa di una costellazione di elementi visibili, liberamente interconnessi e infine condivisi. Da luogo di produzione artistica lo studio dell'artista si è trasformato in luoghi diffusi e nomadi, di incontro, scoperta e memoria.
l’ile flottante
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L'Ile flottante è la storia di un monumento galleggiante che apparve in mare aperto, tra le rive del Mar Nero, vicino alla città di Sinop. Un antico manufatto di pietra recuperato che emerse dalle acque e miracolosamente galleggiò sulla superficie dell'acqua. È un simbolo iridescente e vivo della mitologia contemporanea. La diffusione più o meno controllata di voci e visioni capaci di alimentare l'immaginario collettivo ha poi anche contribuito alla costruzione della sua memoria leggendaria. Questa operazione artistica si colloca proprio nell'epoca dell'"informazione corrotta". Tuttavia la finzione non è predominante, quanto piuttosto l'onesto fraintendimento della realtà, che troviamo alla base di ogni storia.
et consumimur igni
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installazione parietale realizzata su commissione. funghi della specie Fomitopsis betulina raccolti sono trattati e preparati secondo una tecnica antica tecnica tradizionale. fissati e inglobati alla parete con stucco e rifiniti con scagliola, fungono da lampade illuminanti grazie ad un olio di corteccia di betulla con il quale sono riempiti. col il passare del tempo e l’utilizzo il fumo emesso dalla combustione crea degli aloni caratteristici sulla parete,a mimesi di quel processo di annerimento tipico dei vecchi affreschi rinascimentali.
untitled (oblivion)
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A partire da un riferimento letterario lo spettatore diviene al tempo stesso interprete e attore, in un palco immaginario, costituito dalla sala dei drenaggi di anfore. Decifrare il testo è colmare una lacuna, riflettere sul suo senso è aprire nuovi vuoti. f’ lascia il visitatore in uno spazio di riflessione fisica (gli specchi) e mentale, libero di cercare, rivelare, interpretare. [Marta Mascardi]
the secret garden
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The Secret Garden è un'installazione ambientale realizzata nei sotterranei di un edificio industriale. Come un centro benessere della mente, lo spazio si convoglia in una reception per poi diramarsi in una serie di stanze. Il seminterrato si fa grotta lasciando proliferare percezioni, stimoli sensoriali e autonome forme di vita. A metà strada tra laboratorio scientifico, erbario, camera oscura, reliquiario e studio d'artista, l'ambiente diventa luogo di una conoscenza esperienziale che avviene per gradi assecondando le diverse attitudini esplorative. Qualcuno può addirittura trovare le chiavi di accesso per un percorso esterno, che lo conduce nel mezzo di un torrente, su un guado, alla scoperta di un isola. The Secret Garden è la storia di un innesto. [FUR]
Tüc as ciamumma dal votï Cosimo
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L'Hornero è un piccolo uccello della famiglia delle Furnariidae che costruisce il suo nido mescolando terra e paglia e modellandola in una forma adatta al suo corpo e alla sua tecnica di costruzione. f', in collaborazione con l'architetto Emanuele Cavallo in una performance durata dieci giorni senza riposo, ha vissuto su un albero per costruire il proprio nido, usando la terra scavata sul posto e mescolata con fibre vegetali e acqua. Essi hanno messo in atto un antico mestiere che l'uomo continua ancora ad eseguire in molte parti del mondo. Il nido è stato costruito con il loro corpo appositamente per quel particolare albero al centro del paese. Questo progetto esplora la relazione tra vuoti e pieni, disegnando la forma di base da cui lo spazio emerge, attraverso un processo di aggiunta e rimozione di materiale. Tüc as ciamumma dal votï Cosimo (Possiamo tutti chiamarci Cosimo a volte) è una casa sull'albero costruita nel centro del paese per coloro che vogliono osservare il mondo da una prospettiva diversa. Si tratta di un monumento utilizzabile site specific che è durato per diversi anni, fintanto che la comunità locale ha voluto tenerlo in vita.
The pit and the pendulum
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“Il pozzo e il pendolo”, il titolo, preso in prestito da un genio del mistero, come Edgar Allan Poe, comincia già a muovere un sano dubbio su quale tipo di esperienza andremo a vivere, e per farlo si deve entrare in una stanza, ma prima, quasi come accoglienza, una serie di progetti a matita, incomprensibili e una locandina, che in modo sibillino, racconta ciò che ci attende, tutto utile a stemperare l’attesa. Si oltrepassa una pesante tenda nera, poi una porta socchiusa, che lascia uscire una forte luce gialla, la porta pare bloccata, sbatte su di una branda di ferro che a stento riesce a stare nella piccola stanza, la luce è forte, e la branda anche se malconcia, invita istintivamente a sdraiarcisi sopra, ma non prima di aver indossato un paio di occhiali arrangiati, con la lente destra oscurata da scotch di carta, una volta compiuta la naturale azione, proprio mentre la testa si posa sul cuscino, la luce si spegne, ma lentamente, con alcuni secondi di attesa, ed ecco che in quel crepuscolo imminente, l’occhio sinistro comincia a percepire qualcosa, sono tre linee che si incontrano in un vertice, ed un cerchio sopra alla testa, la luce è svanita e la sensazione è quella di stare sotto ad una piramide triangolare dalle linee luminose, tutto questo prima non c’era, quell’architettura misteriosa è comparsa dal nulla. Vien voglia di starsene lì, a pensare, lasciando tutto il resto al di fuori di quel momento personale, intimo, per pensare, ma a riportarci al mondo reale, è il comparire improvviso della luce, forse alzando di poco la testa, ecco, pochi istanti per sognare, per evadere, e poi di nuovo fuori a vivere tutto il resto. [Antonio Guiotto]
Respiro
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Corpus di opere scultoree create da f' nel corso degli anni parte del super-corpus Assenza d'opera. “Gesti scultorei in cui associazioni di forme, innesti e appoggi trasformano dei resti di vita in delle chimere multiformi, delle mute presenze dove si fonde la più intima visione interiore e l'abbraccio del di fuori”. Pietro Rigolo Agglomerati di elementi naturali o di artefatti, che f’ ritrova durante i suoi vissuti e che raccoglie in una personale Wunderkammern, sono associati, appoggiati, bilanciati durante un processo creativo in cui l’intervento propriamente plastico è minimo senonché a volte nullo. I vari elementi spesso tenuti insieme in uno stato di equilibrio fortemente precario, fanno sì che la scultura trattenga nel suo baricentro la potenza del gesto e la fragilità della forma, in una costante tensione fra la caduta e l’eterno istante del resistere.
super facies
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Una serie di dipinti realizzati con una tecnica a stratificazione, sopra ritratti comprati al mercatino delle pulci.
the Tramp – ripercorrere l’indifferenza con estrema cura (a quelli che osservano senza dire nulla).
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Ogni angolo è un’impressione di intimità il germe di una casa. Mi costruisco una dimora chimerica, lì io sono lo spazio in cui sto immobile e il mio corpo diviene lo spazio della mia immobilità. Topoanaliticamente in termini di esperienza del fuori e del dentro, l’immobilità riempie il mio rifugio. Lì immobile sogno, e attraverso il sogno viaggio, senza limiti. L’immensità è il moto del mio stare immobile. Non ho più passato. Fremo… non sono più immobile. Il dentro ora è nel fuori (f’). f’ si aggira in una città a lui straniera per ricavare delle situazioni di intimità nelle forme chiuse e impenetrabili all’architettura urbana. Per ricercare e praticare l’interiorità mentre si è completamente esposti. Considerando l’angolo marginale come un rifugio che ci assicura un primo valore dell’essere: l’immobilità. Dimore potenziali e precarie in cui f’ giace imprimendo il proprio corpo nel foglio da spolvero, suo unico bagaglio. Il foyer di un teatro ospita la parte residua di questa para-performance : un’installazione esplosa, una configurazione libera di elementi discreti tra cui un diario fotografico, testi, oggetti di scena e il ‘foglio’ che spetta, allo spettatore, scoprire e mettere in relazione. “la mostra … come esito pubblico e sociale dell’arte” scriveva Palma Bucarelli. Quest’opera è l’ipotesi di uno spettacolo, la mimesi di una performance. Una trappola.
Dudy Guard
fb DG9
Dudy Guard è il titolo di una foto digitale presa dall'archivio personale di f'. La dimensione del file è di 508 Kb, ed è composto da 513.315 pixel in 256 colori. Grazie ad un software appositamente programmato dall'ingegnere G.D. sono stati calcolati e localizzati i pixel per ogni colore presente nell'immagine. Questa documentazione viene utilizzata per trasformare ogni pixel in un semicubo di legno (4x4x2,5 cm) dipinto con una vernice derivata dal codice RGB originale del pixel. Ogni colore che compone l'intera immagine è definito come "porzione d'opera". Ogni porzione è accompagnata da una cartella che contiene una scheda tecnica che indica dove essa si trova nella griglia digitale dell'immagine originale e un contratto di vendita, che attesta che la porzione è autentica solo se l'acquirente non possiede altre porzioni della stessa opera. Il prezzo di ogni singola orzione è proporzionale al costo di produzione della stessa. Pertanto, i prezzi variano da pochi euro a qualche migliaio di euro. Ad ora f' ha realizzato 15000 pixel di legno, per un totale di 30 porzioni d’opera, 400 KG, 23 m2 and 0.5 m3. I semicubi di legno colorato diventano la materia prima per costruire un'installazione temporanea e mutevole, adattata a ogni nuovo spazio e occasione. La possibilità che l'intera immagine originale possa essere riassemblata è limitata all'evento remoto che tutte le porzioni siano realizzate e distribuite. Se dovesse essere totalmente così ricomposta l'immagine peserebbe 13.000 chili, occuperebbe una superficie di 22,4x36,6 metri e un volume totale di 17 metri cubi.
Argento Lumacheo
fb ao208
Questi disegni nascono dalle delicate ed effimere scie lasciate dalle lumache lasciata dal passaggio dell’animale sulla superficie del supporto cartaceo. Le linee organiche e fluide che creano fungono da base per il gesto di f' , un'esplorazione del movimento svincolata dai vincoli della rappresentazione. I tratti della mano si rivelano solo quando la scia scintillante della lumaca svanisce, creando un'interazione dinamica tra il segno umano e quello animale. Per osservare i resti luminescenti della bava, bisogna spostare la prospettiva, inclinare il piano di visione sul foglio di carta e far scomparire momentaneamente le linee tracciate dall'uomo, svelando una danza di luci e ombre nel delicato equilibrio tra visibilità e cancellazione.
Reflections of extension
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Le 14 immagini sono sculture fotografiche disposte in modo circolare nello spazio, frutto di differenti modulazioni di due sole fotografie iniziali, una scattata a Istanbul e una a Venezia. La prima ha dato origine alla seconda, e la seconda è il riflesso della prima. Ogni immagine è composta da quattro strati: due stampe fotografiche su acetato trasparente, un foglio di carta oleosa e un foglio di carta bianca. Sovrapposti l'uno all'altro, i quattro strati sono fissati insieme con sottili chiodi distanziati, creando un'immagine tridimensionale generata dalle trasparenze e dalle ombre proiettate. Il pavimento dello spazio, ricoperto con sottili lastre di carta stagnola unite fino a coprire tutta la superficie calpestabile, è il campo d'azione dello spettatore. Collega e separa le distanze tra un'immagine e l'altra, amplificando i dettagli singoli ma annullando le differenze soggettive. Sta allo spettatore trovare un senso, una logica attraverso la memoria muscolare.